Nell’immaginario di Esiodo, Pandora, prima donna tra i mortali che vivevano in armonia con gli dèi nell’Età dell’oro, è stata portatrice di dolori, malattie, vecchiaia e fatiche. Insomma l’inizio di tutti i mali per il genere umano e la fine dell’Età aurea. Il binomio donna e sciagure, che nel racconto di Esiodo incarna la vendetta di Zeus nei confronti di Prometeo e del genere umano, cela un pregiudizio di genere che affonda le radici nella misoginia che spesso caratterizza il mondo della Grecia antica e penetra inevitabilmente anche nella letteratura. Un pregiudizio che attraversa purtroppo gran parte del mondo antico, penetra nella letteratura classica, alimenta, ad esempio, le dicerie sulle streghe e i loro presunti sortilegi che hanno dominato la letteratura inglese del ‘600. Ma i pregiudizi di genere sono un ricordo antico? Purtroppo persistono e si nutrono, con una narrazione non più mitologica, ma altrettanto seguita, di un modus vivendi che ne favorisce la diffusione attraversando trasversalmente generazioni. Stando alla psicologia sociale, gli stereotipi sono gabbie, condizionamenti mentali che scattano ogni volta che il nostro cervello si rifiuta, in qualche modo, di ragionare, approfondire, immedesimarsi e preferisce una comoda scorciatoia: Una comfort zone che ci costringe in modo subdolo a saltare subito a conclusioni affrettate, quanto superficiali e, sempre, sbagliate. Ecco perché è necessario riflettere per non cadere nell’insidiosa e seducente trappola mentale. E’ opportuno rileggere i classici, riflettere e analizzarli in chiave critica e sincronica, ma, soprattutto, aprire mente e cuore, ripensando magari al viaggio affrontato da Odisseo per rivedere l’amata Penelope o a quello soprannaturale di Dante per rivedere la sua Beatrice.
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